venerdì 4 novembre 2011

"Non si può essere felicemente sposati: o si è felici, o si è sposati"


I puristi della letteratura storceranno certamente il naso: Fabio Volo non è uno scrittore.
E forse è vero.
Chi prende in mano un libro di Fabio Volo non cerca alta prosa ma è spinto dalla voglia di ascoltare cosa ha da dire il “personaggio” Fabio Volo, che oltre ad essere non-scrittore, è anche non-attore, non-conduttore radiofonico, non-conduttore televisivo...Uno che a forza di essere non, è riuscito a diventare tutto quello che i molti sfigati che passano il loro tempo a criticarlo vorrebbero a loro volta diventare: attori, scrittori, conduttori. Gente profonda insomma, che però nel 90% dei casi poi fa l'impiegato alle Poste, la domenica il pranzo dai suoceri e il sabato sera la scopata triste.
A me Fabio Volo piace molto. 
E non perchè sia un grande scrittore o un grande attore, ma perchè è uno che ha fatto quello che tutti vorrebbero fare: prendersi dalla vita quello che voleva, diventare chi voleva essere, percorrere tante strade senza paura di sbagliare, e sbagliare e rialzarsi, sfuggire alle imposizioni e agli obblighi sociali, essere padrone di se stesso, essere coerente, essere intelligente senza aver studiato, essere profondo e non perdere il sorriso, essere ironico ed essere nuovo.
E poi, la pensa come me in parecchie cose della Vita, e questo me lo rende giocoforza simpatico.
Quindi, in una pausa piovosissima e grigissima di qualche giorno fa, sono entrata in libreria e ho acquistato “Le prime luci del mattino”.
Avvertenza - Se hai intenzione di leggere il libro, ti consiglio di astenerti dalla lettura di questo post, parlerò della trama!
I personaggi di questo libro sono dei prototipi umani riconoscibilissimi e disarmanti nella loro mediocrità, gli avvenimenti di questo libro sono passaggi della vita da attraversare per raggiungere la consapevolezza di chi siamo veramente.
Il libro parla del percorso che compie Elena per portare finalmente alla luce la donna che è.
Elena è il prototipo della donna triste e insoddisfatta di cui Fabio Volo parla spesso anche in radio; Paolo è suo marito, un personaggio triste anche lui, anche lui prigioniero di un matrimonio che mai come in questa storia è la tomba dell'amore. Sia Elena che Paolo alla fine si risveglieranno e sbocceranno liberandosi dalle zavorre, ed entrambi lo faranno attraverso un percorso che passa anche dal dolore e dalla sofferenza.
Poi c'è “Lui”, un personaggio di cui non si fa il nome e che – sfido pubblicamente l'autore a smentirmi sulle pagine di questo blog – altri non è che proprio Fabio Volo: “lui” sa esattamente come risvegliare le donne addormentate dentro l'immagine di se stesse, e lo fa con Elena in maniera esemplare, in un gioco di contrasti quasi estremi. La loro storia è totalmente e al 100% erotica, e contemporaneamente nei giochi estremi che lui inventa per lei c'è sempre una grande dolcezza, c'è complicità. Non è un maschio che sfrutta un corpo femminile sconosciuto per fare giochetti che la moglie non gradirebbe, è piuttosto un uomo che con una compagna adulta e consenziente gioca con il sesso in maniera libera, aperta, bella, naturale. E le fa riscoprire la propria femminilità, la sensualità che credeva inesistente, tanto era nascosta in una parte profondissimo del suo essere. Quella con “lui” è una storia di puro sesso, catartica e liberatoria, ed è così che deve restare; “lui” dietro questa apparente sicurezza tra le mura di casa di casa sua, con bicchieri di vino buono e giochi erotici, fantasia e leggerezza amorosa, cela un enorme vuoto di fondo, un'insicurezza e una paura. Non quella che abbiamo tutti, di non essere amati, ma quella di non essere in grado di amare a sua volta e di provocare sofferenza e dolore nell'altro. E' per questo che “lui” dopo aver compiuto la sua missione si defila e scompare, e a pagina 207 è fuori di scena per sempre.
Per Elena, che nel frattempo ha lasciato Paolo, ha messo in discussione la sua stabilità qotidiana, ha discusso con la sua migliore amica, è un colpo durissimo: adesso è sola, adesso è costretta, volente o nolente, a ricominciare da sé.
E lo fa, attraversa il dolore e lo vive, lo sente e lo fa morire per poi rinascere in una vita tutta nuova che senza quel dolore e quella prova non sarebbe mai stata possibile: la donna che è ora è riemersa grazie a questo processo, e adesso è libera. “Lui” in questa storia, lungi dall'essere il macho-man vincente e donnaiolo, è solo un mezzo, un tramite attraverso cui Elena – e chissà quante altre prima di lei e dopo – conosce per la prima volta una se stessa nuova, bellissima, forte.
Il passaggio che preferisco è quello in cui Elena vive da sola, per la prima volta in vita sua, dopo 38 anni passati a condividere il proprio spazio con qualcuno.

Alla mia età non è facile andare a vivere da sola. E' un'esperienza che non ho mai fatto prima. I primi giorni tornare a casa e trovare tutto spento e silenzioso mi dava un senso di vuoto e di ansia. Le cene da sola, andare a letto sola, svegliarsi sola. La sera non riuscivo a dormire, mi addormentavo sempre tardi e mi svegliavo presto, a ogni piccolo rumore mi alzavo a controllare cosa fosse. Pensavo sempre fossero i ladri che cercavano di entrare.
Tutti i vecchi automatismi erano saltati. Ho dovuto imparare nuove misure, nuovi spazi e tempi. La sera preferivo tornare a casa presto e avevo preso l'abitudine di lasciare una luce accesa in una stanza. Lasciavo una luce accesa anche mentre dormivo.
Continuavo a chiedermi se avessi fatto la cosa giusta. In realtà conoscevo già la risposta – non volevo vivere al fianco di un uomo che non amavo più – eppure certe sere mi sembrava difficile anche solo passeggiare nella mia casa vuota. In fondo sono molte le persone che stanno insieme per compagnia, per abitudine, per dividere le spese. Se si lasciassero, non saprebbero dove andare.
[…] Poi è successo qualcosa, ho superato tutte le difficoltà e senza accorgermene sono entrata in una dimensione nuova. Ho iniziato a stare bene e non vedevo l'ora di tornarmene a casa, chiudere la porta e restare lì da sola a fare le mie cose. Vedevo i quadri appoggiati a terra invece che appesi ai muri ed ero felice: ho sempre preferito così, ma Paolo non era d'accordo. Decidevo di fare una cosa e poi cambiavo idea all'ultimo minuto senza dovermi giustificare né sentirmi i colpa.
Da una settimana a cena mangio la stessa cosa: un semplice riso in bianco con il tonno e un goccio d'olio d'oliva e salsa di soia. Ne vado pazza, è squisito, ma non potreio mai prepararlo per un ospite: è una poltiglia che sembra cibo per cani. Mangio quello che mi piace, quante volte mi va, e all'ora che voglio. Dieci giorni fa, invece, non riuscivo a smettere di mangiare avocado, spalmato sul pane tostato, nell'insalata, con i gamberetti o facendo il guacamole. Non desideravo altro. Mi piace non sentire russare, o tossire, o tirare lo sciacquone del bagno durante la notte. Mi piace non sentire la sveglia di un'altra persona al mattino. Mi piace allungare le gambe e le braccia e girarmi senza paura di disturbare qualcuno.
Qualche giorno fa non riuscivo a dormire e sono venuta qui in cucina a scaldarmi un bicchiere di latte, poi ho acceso la televisione e mi sono resa conto che non dovevo tenere il volume basso né spegnere le luci. È la prima volta che ho un appartamento tutto mio. […] respiro un senso di libertà che non ho mai provato prima. Ho scoperto la bellezza del silenzio tra le mura di casa. Godo della mia solitudine. La sera, dopo mangiato mi preparo una tisana e mi sdraio sul divano a guardare un film o scivolo dentro le pagine di un libro o faccio lunghe telefonate con Carla mentre mi spalmo la crema sulle gambe. Mi compro dei fiori da mettere in cucina, apro una bottiglia di vino anche per berne solamente un bicchiere, a volte metto della musica a tutto volume e ballo da sola per casa. Ho scoperto che è bello tentare di sedurre se stessi. Mi scopro felice semplicemente fissando le tazze colorate e le scodelle nuove sulla mensola della cucina. Quando sono al lavoro, non vedo l'ora di tornare a casa, per farmi un bagno caldo e lungo. Nessuno bussa chiedendomi di entrare, non devo cucinare per altri e non ho orari, non ho obblighi. A volte salto anche la cena, o decido di provare una ricetta nuova e uscendo dall'ufficio passo a comprare tutti gli ingredienti che mi servono, poi scappo a casa per giocare in cucina come una bambina.
Vivere sola mi ha insegnato a chiedermi cosa voglio e cosa desidero. Sembra scontato, ma per me non lo è mai stato. Ho imparato a trovare dentro di me le misure e le ragioni del mio vivere. Ho capito che devo volere ciò che sarò, non posso più vivere per compiacere qualcuno, obbligandomi a essere quella che non sono. Nello specchio di questa casa ho visto la persona che mi sento, una donna che avevo dimenticato e messo da parte senza rendermene conto. Mi sono tornati in mente molti ricordi di quando ero ragazzina e sognavo di cambiare il mondo. Ho ritrovato la voglia di sapere, conoscere, capire. Ogni scoperta è un regalo meraviglioso per me. Mi emoziono quando intravedo nuovi significati.
Nella donna che sono vedo un futuro diverso.
(“Le prime luci del mattino”, pag. 222)




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